"ABBIAMO SCELTO CRISTO E LUI SOLO" - Testimonianza del cammino di due ex suore


Annamaria Mazzari presenta qui di seguito il lungo cammino che portò lei (suor Elisabetta) esuor Cristiana a comprendere la verità biblica, così come è presentata nella sacra Scrittura. A un certo punto, esse realizzarono che non potevano più conciliare tali convinzioni bibliche col fatto di restare ancora nella Chiesa Cattolica Romana e di continuare a praticare regolesacramenti, precetti, dogmi e riti che ritenevano essere contrari alla lettera e allo spirito del Nuovo Testamento e, quindi, alla loro propria coscienza cristiana.
La ricerca della verità fu un lungo cammino e non furono loro risparmiati vari travagli. Dopo che avevano capito le verità bibliche, non fu facile realizzarle subito e le lotte furono tante. Alla fine, sebbene la loro età e l'incertezza del futuro, presero una drastica decisione che cambiò totalmente la loro rotta. Ora hanno trovato pace con Dio e con la loro coscienza. (N. Martella) 


Sete della Parola e sogno di vocazione
«Signore, ti prego, dona alla mia mamma dodici figli, così la mia famiglia sarà benedetta». Questa era la preghiera che, da bambina, rivolgevo a Dio. Avevo 7 o 8 anni.
    
La domenica pomeriggio, durante le vacanze estive, noi bambini ci riunivamo all’oratorio, dove la suora ci parlava dell’Antico Testamento. Io ero rimasta colpita dalla storia di Giacobbe e dei suoi dodici figli, i quali erano stati la grande benedizione della sua casa e avrei voluto che anche la mia mamma avesse avuto dodici figli, per godere le benedizioni Dio.

Le storie bibliche, raccontate negli afosi pomeriggi d’estate, furono gli unici incontri con la Parola di Dio e certamente lasciarono in me una forte impronta. Ricordo d’averle ascoltate con molta attenzione, non perdevo una parola, ne ero affascinata e si radicarono profondamente nel mio cuore.
    
In seguito e per lunghi anni, non ebbi più occasione d’ascoltare racconti biblici e nemmeno di leggere la Bibbia: in casa mia non ne ho mai vista alcuna, e neppure nell’Istituto religioso di cui feci parte, per anni non ebbi la gioia di possederla
    
Fin da piccola mi sentivo spinta ad aiutare le persone povere e in difficoltà; ero attratta anche da tutto ciò che era religioso: amavo frequentare la chiesa, partecipare alle funzioni e ai riti sacri così che, a 22 anni, decisi di realizzare un sogno (o quello che in ambito cattolico viene chiamata «vocazione»), che nutrivo dall’età di 14-15 anni.

Insoddisfazioni e questioni stridenti
Al termine del noviziato fui mandata a Firenze. Nonostante servire i poveri fosse stata la motivazione per la quale avevo scelto d’entrare in quell’ordine religioso, di cui ho fatto parte per oltre quarant’anni, non mi venne affidato un servizio diretto alle persone bisognose, ma ricevetti invece l’incarico d’insegnare, e per 25 anni dovetti dedicarmi all’insegnamento.
    
Questo mi causava non poca insoddisfazione. Cercai allora, nel tempo libero dalla scuola e con il permesso della superiora, d’andare a far visita a persone bisognose o di dedicare il mio tempo libero ad altre attività caritative.
     
Intanto dentro di me cresceva sempre più il desiderio di conoscere la Parola, ma aumentava anche l’insoddisfazione per ciò che stavo vivendo. Infatti certe pratiche, regole ed esercizi di pietà, mi sembravano sempre più sterili e lontani dall’essermi d’aiuto nella mia crescita spirituale. Non solo, diventavo sempre più critica verso certi aspetti della chiesa cattolica di cui facevo parte.
     
Per esempio m’infastidiva la ricchezza del Vaticano e dicevo a me stessa che, se Gesù fosse venuto un giorno in questo mondo, certamente non sarebbe andato ad alloggiare in Vaticano, ma molto probabilmente sarebbe andato in una delle periferie più povere di qualche città; infatti Egli disse che non aveva dove posare il capo. Ragionavo così, sebbene non sapessi ancora del ritorno del Signore in questo mondo per regnare (Apocalisse 20).
     
Se trovavo giusto il celibato per coloro che sceglievano la vita conventuale femminile o maschile, non capivo perché ai sacerdoti diocesani, per portare il messaggio dell’Evangelo, fosse proibito sposarsi. Non capivo il battesimo dato ai bambini, perché, secondo il mio modo di vedere, questa doveva essere una scelta consapevole fatta da adulti (a quei tempi non avevo spiegazioni bibliche, se avessi saputo fare confronti con il libro degli Atti avrei capito tutto del battesimo). Non pensavo, allora, a confrontarmi con la Parola perché non la conoscevo, ma avvertivo che qualcosa non andava.

Realizzazione più prossima o terra bruciata?
Finalmente, dopo circa quattordici anni di vita religiosa, mi si presentò l’opportunità di prestare servizio in una parrocchia come catechista e visitare le famiglie in difficoltà.
     
Credevo fosse giunto il momento in cui avrei realizzato i miei desideri e mi sarei sentita finalmente appagata, ma dopo qualche tempo mi resi conto che l’insegnamento del catechismo, per quanto mettessi tutto il mio impegno, non portava i bambini o gli adolescenti alla conoscenza del Signore Gesù, perché era basato sullo studio dei comandamenti, dei sacramenti della chiesa cattolica, dei suoi precetti e dei vari dogmi.
     
La Bibbia non faceva parte del programma. Come sarebbe stato possibile far conoscere Gesù se io stessa non avevo conoscenza della Parola?
     
Più tardi, mi sono resa conto che tutto il disagio provato nell’insegnare il catechismo, nel preparare i genitori al battesimo dei figli e nella preparazione dei bambini alla prima comunione, era causato dal fatto che io non ero nata di nuovo, mi mancava un rapporto personale con il Signore e non conoscevo la sua Parola.
     
In quegli anni, in parrocchia, si formò un gruppo cattolico molto impegnato: i «neo-catecumenali». Pensai che farne parte m’avrebbe permesso di studiare la Bibbia e di approfondirne la conoscenza; così chiesi il permesso ai miei superiori i quali, un po’ a malincuore, me lo concessero. Lo studio della Parola non fu così esauriente come avrei desiderato anche se per me fu importante poter leggere per la prima volta la Parola e confrontarmi con altre persone sui vari libri della Bibbia.
     
In parrocchia detti tutta me stessa per riuscire a creare spazi e attività in cui i bambini potessero trascorrere il loro tempo libero e per evitare che la strada facesse loro da maestra.
    
Dopo quattordici anni di lavoro parrocchiale, proprio mentre mi adoperavo in tutto questo, qualcuno fece attorno a me terra bruciata. Capii che era giunto il momento di lasciare il campo d’azione.
    
Mi ritirai dalla parrocchia con grande dispiacere. Per placare il dolore che provavo, cercai d’occupare il tempo, e soprattutto la mia mente, con una qualche attività per non pensare alle incomprensioni e alle accuse ingiuste che avevo ricevute e che m’avevano segnata profondamente.
    
Le accuse ricevute in parrocchia furono condivise anche dai miei superiori religiosi i quali, senza chiedermi alcuna spiegazione, presero decisioni drastiche nei miei confronti: fui sospesa dai voti, con la proibizione di frequentare i neo-catecumenali.

Fondo esistenziale e spiragli di luce
Ero veramente distrutta! Tutto mi rimaneva difficile… Non avevo più idee… Non sapevo come trascorrere le ore libere dalle attività parrocchiali… Del resto non ero nemmeno nelle condizioni di sapermi organizzare.
     
Iniziai ad andare in una chiesetta dove ogni giorno era esposto «il Santissimo», cioè il pane eucaristico per l’adorazione.
     
Lì trascorrevo le mie ore in preghiera, recitavo tre, quattro rosari e piangevo… lì trovavo molto conforto alla mia sofferenza. Pensavo al perdono: volevo perdonare ma mi rimaneva molto difficile: chiedevo al Signore il suo aiuto perché per me era una scoglio molto duro.
     
Un sacerdote, allora delegato per gli istituti religiosi femminili, mi suggerì di ricorrere al tribunale ecclesiastico a Roma, ma io volevo perdonare anche se dentro di me c’era una forte ribellione. Pregai per questa intenzione, chiedevo al Signore d’aiutarmi a superare l’amarezza che provavo e guarire le mie ferite.
     
Dicevo a me stessa: «Se Gesù è morto sulla croce per il perdono dei tuoi peccati, come puoi tu, non perdonare?». Questo pensiero mi faceva desistere da ogni gesto vendicativo, ma la cosa era veramente dura!
     
Pregavo particolarmente per quelle persone che m’avevano causato tanta sofferenza perché riuscissi a perdonare e perché il Signore concedesse loro la sua benedizione. Il Signore pian piano m’aiutò: oggi posso ricordare quei momenti e incontrare quelle persone con serenità, senza rancore o ostilità verso nessuno. Ho perdonato, ora mi sento libera, libera!
     
Un sacerdote del gruppo neo-catecumenale, passato al Rinnovamento dello Spirito, un gruppo carismatico, incontrandomi, volle sapere cosa mi stava accadendo. Raccontai la mia storia ed egli mi suggerì di frequentare il Movimento del Rinnovamento Cattolico. Un po’ scettica, accettai l’invito. Rimasi colpita dal loro modo di pregare, dalla gioia che esprimevano nei canti di lode, dalle loro testimonianze. Quelle ore trascorse nella preghiera e nella lode al Signore, mi riempivano di serenità. Sovente, ai loro incontri, erano invitati dei pastori pentecostali americani i quali tenevano degli insegnamenti sulla Parola, così avvincenti e persuasivi che ne ero estasiata.
     
Al termine degli incontri esponevano libri evangelici, ne comprai diversi che divorai uno dopo l’altro; m’aiutavano a capire la Parola e io ero affamata della Sua conoscenza.
     
Avrei voluto essere anch’io una di loro… ma come fare? Ricordo d’aver letto un libro sul quale era riportata l’inserzione d’un altro testo: «Addio terra ultimo pianeta», desideravo poterlo leggere perché non ero a conoscenza del ritorno del Signore, nella chiesa cattolica non si parla né si crede che Gesù tornerà per regnare, non si crede al millennio; si crede solamente che Gesù tornerà come giudice alla fine del mondo.
     
Sapevo dove avrei potuto acquistarlo, ma come varcare la soglia di quella libreria evangelica sita in via Ricasoli? Mi vergognavo perché avevo l’abito religioso, mi sembrava di dare scandalo e mi sentivo in colpa (i cattolici hanno molti pregiudizi nei confronti dei protestanti).
     
Un giorno vinsi ogni timore ed entrai nella libreria: fu il primo acquisto d’una serie lunghissima di libri divorati sera dopo sera…
     
Intanto dovevo trovare il modo per impegnare il mio tempo libero dalla parrocchia: ripresi a dipingere, ma il pensiero continuava a correre e io continuavo a soffrire, ero distrutta.
     
Cosa potevo fare? Mi procurai una radiolina e mentre dipingevo facevo scorrere le varie stazioni radio (a quell’epoca non c’era ancora Radio Maria, ne ringrazio il Signore!) per cercare qualcosa che attirasse la mia attenzione e occupasse i miei pensieri. Un giorno mi capitò d’ascoltare una persona che parlava dell’Evangelo, stetti ad ascoltare, fui attratta da quelle parole. Terminato l’insegnamento, la persona presentò l’emittente: era «Radio Evangelica Firenze»; da quel giorno divenne la «mia radio». Infatti l’ascolto di quelle parole mi procurava tanta consolazione e sentivo appagato il mio bisogno di conoscere più profondamente la Parola di Dio.

Nuovo impegno con una compagna di via
Nel frattempo, qualcosa di nuovo si stava profilando nella mia vita: un giovane della parrocchia, che a suo tempo avevo avuto al catechismo, finì in carcere e mi fece sapere che voleva incontrarmi.
      
Ottenuto il permesso d’ingresso all’Istituto Penitenziario, mi recai al colloquio. Quando tornai la seconda volta, il giovane mi chiese se potevo incontrare altre persone: io acconsentii e in breve decisi di dedicarmi al volontariato presso il carcere. Incontrando i detenuti, sentii l’esigenza di fare qualche cosa per quelli che non potevano usufruire dei benefici concessi dalla legge perché non avevano possibilità d’alloggio all’esterno.
     
Parlai con il cappellano del carcere e in pochi mesi fu preparata la casa per accogliere i carcerati. Si poneva il problema di trovare qualcuno che m’affiancasse in quest’opera. Pensai a suor Cristiana, una mia consorella che aveva ascoltato e condiviso la mia sofferenza di quei periodi bui passati in parrocchia, nei quali m’ero sentita sola e isolata a causa dell’incomprensione dei miei superiori. Essa aveva da poco terminato il suo mandato di superiora in un istituto per anziani e quindi le chiesi se fosse stata disposta a condividere con me un servizio d’accoglienza in una casa che avrebbe ospitato detenuti in permesso o in affidamento.
     
Cristiana acconsentì e, cominciando il nuovo servizio durato vent’anni, sia al carcere sia nella casa d’accoglienza, iniziammo anche un nuovo cammino di fede.
     
Come sono vere le parole del salmo: «Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male; il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza» (23,4).
     
Cristiana era stata in comunità per molti anni e, godendo sempre della stima dei superiori, aveva ricoperto incarichi di grande responsabilità.
     
Ora avevamo la possibilità d’organizzare la nostra vita di preghiera, cantare le bellissime lodi imparate al gruppo di preghiera del Rinnovamento e dedicarci allo studio della Parola. Eravamo noi due sole senza lo sguardo vigile di nessuna superiora. Dio, ci guidava «imbandiva per noi la tavola…. E beni e benignità ci accompagneranno tutti i giorni [che ci rimangono] della nostra vita e possiamo abitare nella casa del Signore».

Sete della Parola e ristoro dell’anima
Parlavo a Cristiana dei libri che leggevo, delle cose nuove che scoprivo in queste letture e lei ascoltava con vivo interesse.
     
Studiando la Parola, nascevano anche tante domande, chi avrebbe potuto darci qualche spiegazione? Pensai allora al pastore che parlava alla radio. Lo dissi a Cristiana. Certo, sarebbe stato molto bello e molto utile poterlo incontrare, ma come fare? La casa in cui ci trovavamo non era nostra ed era gestita dalla Caritas diocesana. Cristiana, più coraggiosa di me, prese la decisione: «Sì, invitiamo il pastore nelle ore in cui la casa è chiusa agli ospiti». Così fu e per più di dieci anni il pastore venne puntualmente ogni settimana a parlarci del Signore, con molto tatto e rispetto, gradualmente ci liberò dai nostri «credo», da quello che era stato «aggiunto o tolto» alla Parola e a chiarire tutti quei «perché» che da tempo ci assillavano e a cui non sapevamo dare una risposta .
Approfondendo la nostra conoscenza delle dottrine della Bibbia, ci veniva spontaneo confrontarle con quelle della nostra chiesa cattolica; capimmo ad esempio, che il culto a Maria, non ha un fondamento biblico, così come i dogmi a lei attribuiti non hanno riscontro nella Parola. Scoprimmo che altri dogmi erano invenzioni degli uomini, privi di fondamento biblico come il purgatorio. Infine ci sentimmo ingannate e deluse per tutto quello che in buona fede avevamo creduto! La pazienza e la discrezione del pastore, pian piano, ci portarono a capire dove stava la Verità e dove stava la salvezza: non nelle buone opere ma nella fede in Gesù, l’unico che può salvare ed è un dono gratuito.

Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini
Più aumentava la conoscenza della Parola e di conseguenza della Verità, e più provavo indignazione verso quella chiesa che avevo così tanto amato e alla quale avevo dato tutta la mia fiducia. Mi sentivo ingannata, tradita; avevo partecipato ai sui riti, alla sue celebrazioni con tanta convinzione e ora scoprivo che ero nel falso, nell’ambiguo, scoprivo che molti dei suoi insegnamenti non erano basati sull’autorità della Bibbia ma su delle invenzioni umane convalidate e in certi casi trasformate in dogmi.
     
Essendo sole in quella casa d’accoglienza, potevamo fare le nostre «omissioni» senza subire nessuna sanzione; io avevo abbandonato l’uso della recita del rosario (ero devotissima a Maria, ma mi stavo rendendo conto che la Madonna, pregata e venerata nel cattolicesimo, non era la donna semplice, ricca di fede descritta dagli Evangeli). Poi abbandonai la confessione dei peccati al sacerdote; in seguito tralasciai di frequentare la messa nelle festività mariane e infine diradai la messa domenicale. Pian piano anche Cristiana s’avviò su questa strada, ma non era possibile continuare così, bisognava fare una scelta!

Ero ormai decisa a fare il «salto di qualità» perché non potevo più accettare di vivere nel compromesso, ma la mia compagna, pur riconoscendo dove stava la «Verità», non voleva lasciare l’ordine religioso poiché v’aveva goduto tanta stima e le sembrava di compiere un tradimento.
     
Era sicura di poter rimanere in comunità e riuscire a evitare l’osservanza di quei riti e di quelle credenze che non avevano nulla a che vedere con la Parola di Dio. «Tu fa’ la tua scelta, mi diceva, vedrai che io riuscirò a tralasciare tutto ciò che non è conforme alla Parola».
     
Nella casa d’accoglienza avevamo molta libertà, perciò avrei potuto anche aspettare. Non seguivamo più certi riti o regole, ma se avessimo tralasciato per sempre la messa domenicale (anche questo rito in contrasto con la Parola), certamente saremmo state notate. D’altra parte non ci sentivamo di partecipare a un culto evangelico con l’abito religioso senza aver fatto palesemente una scelta. Era ormai evidente che non potevamo aspettare ancora a lungo.

Travagli e scelte
La scelta per Cristiana si faceva sempre più pressante, la decisione sempre più difficile e angosciosa, sia per lasciare la Chiesa Cattolica, e l’Istituto religioso dove aveva trascorso cinquant’anni della sua vita, sia per comunicare la notizia ai parenti. Ai familiari cattolici convinti, come dare una tale notizia per loro così deludente?
     
Anche Cristiana aveva creduto a tutti gli insegnamenti della Chiesa Cattolica e amava le suore. Erano tante le preoccupazioni, così sopraggiunse una forte depressione.
     
Questo stato di cose influì moltissimo sulla sua salute e le causò un’ulcera allo stomaco, tanto da portarla in fin di vita. Infatti quando fu ricoverata in ospedale i medici s’accorsero che non aveva più sangue, riuscì a vivere solo facendole delle trasfusioni. Terminata la degenza in ospedale, fu trasferita all’infermeria del nostro Istituto religioso dove rimase per sei mesi. Le sorelle furono bravissime a curarla nel periodo di convalescenza; si riprese e io pensavo che ormai Cristiana sarebbe rimasta per sempre con le suore.

Ma proprio durante la sua permanenza all’infermeria, capì di non potersi esimere da certe pratiche: quando veniva il confessore doveva confessarsi, tutti i giorni doveva recitare il rosario, l’otto Dicembre festa dell’Immacolata, aveva dovuto partecipare all’atto di consacrazione a Maria, tutti i giorni doveva assistere alla messa, onorare Maria, cantare le sue lodi, eccetera.
     
Questa esperienza convinse Cristiana dell’impossibilità di professare una fede e viverne un’altra. A questo punto bisognava prendere una decisione: dissi a Cristiana che io avevo già deciso e poiché eravamo a marzo, il mese in cui nel nostro istituto le suore rinnovano i voti, le confermai che avrei chiesto l’esonero dai voti e avrei parlato con la Suora Provinciale. Così feci.
    
La Provinciale mi suggerì di chiedere prima sei mesi di sospensione dai voti e in seguito dare le dimissioni dall’istituto. Scrissi la lettera d’esenzione dai voti e, prima di consegnarla, andai all’infermeria da Cristiana per leggergliela; con mia sorpresa mi disse di prepararne una anche per lei poiché era ancora impossibilitata a scrivere di proprio pugno.
     
La gioia provata in quel momento non posso esprimerla! Il Signore aveva operato meraviglie, quella malattia era stata necessaria per far capire a Cristiana che il suo posto non era più fra le suore né nella chiesa cattolica: Alleluia!

Fidarsi di Dio
Davvero Signore tu ci «ristori l’anima e ci conduci per sentieri di giustizia per amore del tuo nome!» (Salmo 23,3).
    
Finalmente la nostra scelta per Cristo si è realizzata! Ora, anche se siamo anziane, ma giovani nello spirito, possiamo servire il Signore in piena libertà perché abbiamo conosciuto la Verità
, siamo felici, non abbiamo più sicurezze umane, ma abbiamo l’unica sicurezza, quella vera Gesù Cristo e Lui solo!
    
Grazie, Signore, per l’amore con cui hai seguito tutta la nostra vita, ci hai portato su ali d’aquila, ci hai aperto gli occhi e abbiamo visto il meraviglioso tuo Volto. Ora, Signore, ti chiediamo d’usarci come tuoi strumenti per farti conoscere ad altre persone che possono incontrarti, ma non ti conoscono ancora.

Gratitudine Non possiamo fare a meno di ringraziare e d’esprimere tutta la nostra riconoscenza al pastore Riccardo Paul per la pazienza, la dedizione e la chiarezza con cui ci ha ministrato la Parola con impegno costante.
    
Vogliamo esprimere tutta la nostra riconoscenza e gratitudine al pastore Samuele Wegner per avere proseguito la spiegazione e l’approfondimento della Parola prima che lasciassimo la Chiesa Cattolica e il nostro Istituto Religioso e per il suo tempo messo a nostra disposizione preparandoci la casa.
    
Il Signore voglia benedirli e sostenerli nel loro costante impegno d’evangelizzazione.

Fonte:
 www.laparola.info


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